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Che cosa è la sindrome VEXAS, nuova malattia autoinfiammatoria che può essere letale

Si chiama sindrome VEXAS, è una nuova malattia autoinfiammatoria rara e grave che, se non curata, può essere letale. La malattia, indotta dall’immunità innata, in particolare dalla citochina interleuchina -1, ha caratteristiche cliniche che la pongono tra le malattie reumatologiche e quelle ematologiche. Chi ce l’ha spesso peregrina da uno specialista all’altro (pneumologo, reumatologo, urologo, dermatologo) nel tentativo di dare un nome a una patologia molto impattante sulla qualità della vita. Sebbene la sindrome sia rara ha una mortalità elevata: circa la metà delle persone over 50 muore entro 5 anni dalla diagnosi. «I sintomi della sindrome sono svariati: febbre inspiegabile, bassi livelli di ossigeno nel sangue, segni di infiammazione cronica, anemia, globuli bianchi ridotti, sintomi comuni alle sindromi mielodisplastiche, ovvero, malattie del midollo osseo che portano ad una ridotta produzione di cellule» spiega Carlo Selmi, responsabile di reumatologia e immunologia all’ospedale Humanitas di Milano e docente di Humanitas University.
La mutazione UBA1 VEXAS è l’acronimo di «vascuoles, E1 enzyme, X-linked, autoinflammatory, somatic»e si basa sulle caratteristiche più importanti della sindrome. Il fatto che arrivare a una diagnosi sia difficile ha un valido motivo: fino a poco tempo fa non se ne conosceva l’esistenza. La sindrome è stata scoperta solo nel 2020 dagli scienziati dei National Institutes of Health che l’hanno descritta sul New England Journal of Medicine. «La malattia è stata individuata attraverso la genomica “al contrario” – racconta Selmi – . Nella biobanca dell’NIH erano presenti una serie di campioni di casi di malattie senza un nome e gli scienziati hanno eseguito la sequenza del genoma di questi casi, trovando due pazienti con la mutazione UBA1, che si crea nel corso della vita, legata al cromosoma X». Dal momento in cui la malattia è stata scoperta ed è poi stata cercata è stata trovata in tutto il mondo in persone che fino ad allora avevano avuto diagnosi poco chiare, soprattutto vasculiti, ovvero infiammazione di vene o arterie.

Quanto è diffusa la sindrome
La sindrome infiammatoria sembra essere più diffusa di quanto si pensasse secondo i risultati di un’indagine che ne ha studiato la prevalenza appena pubblicati su JAMA. La ricerca stima che circa 1 persona su 13.500 negli Stati Uniti ha mutazioni nel gene UBA1, che portano a sviluppare con l’età la sindrome VEXAS. Nello studio osservazionale i ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche di 163.096 uomini e donne registrati nel sistema sanitario della Pennsylvania dal gennaio 1996 al gennaio 2022 che hanno accettato di sottoporsi a uno screening del DNA del sangue per identificare malattie genetiche. Undici di loro avevano la mutazione UBA1, tutti con sintomi VEXAS (nel gruppo solo due le donne). Solo tre di loro sono ancora vivi. Sette avevano l’arterite, ovvero una vasculite che colpisce le arterie, quattro la psoriasi o la sarcoidosi che causa la formazione di piccoli noduli gonfi sul corpo. Tutti soffrivano di anemia. Dal punto di vista statistico significa che 1 uomo su 4.269 over 50 e 1 donna su 26.238 ha o rischia si sviluppare la sindrome. Per i ricercatori la prevalenza è significativa in confronto ad altre condizioni infiammatorie come le vasculiti e le mielodisplasie. «Questo studio ha dimostrato che ci sono probabilmente migliaia di pazienti negli Stati Uniti che hanno questa malattia, e nella stragrande maggioranza dei casi questa non viene riconosciuta perché i medici non prendono in considerazione di allargare lo spettro per la diagnosi» afferma David Beck, genetista e ricercatore principale dello studio.

Malattia non è ereditaria, la diagnosi con un test genetico
La sindrome VEXAS non è ereditaria, quindi chi ne è affetto non la trasmette ai propri figli. Il gene UBA1 si trova sul cromosoma X. Per questo motivo colpisce prevalentemente gli uomini, portatori di un solo cromosoma X. Le donne hanno due cromosomi X quindi se uno è colpito dalla mutazione l’altro interviene silenziando quello difettoso. La notizia positiva è che esiste un test genetico per diagnosticare la malattia a cui possono essere sottoposti tutti quei pazienti anziani, con infiammazione sistemica e globuli rossi bassi che non rispondono ad altri trattamenti, se non ai cortisonici o altri immunosoppressori che tuttavia hanno effetti collaterali ben noti.

Le terapie
«Non esiste una cura o un trattamento standardizzato ma i sintomi possono essere gestiti con farmaci steroidei o immunosoppressori. Oggi viene trattata con gli stessi farmaci che utilizziamo nelle malattie autoinfiammatorie, ovvero glucocorticoidi e inibitori dell’interluchina 1 come i farmaci biologici anakinra e canakinumab» conclude Selmi. «Un trattamento efficace può essere il trapianto di midollo osseo che comporta certo dei rischi ma questo sottolinea quanto sia grave la malattia» commenta Becks. In Italia la sindrome VEXAS è stata diagnosticata per la prima volta nel dicembre 2022 a Reggio Emilia e da allora i reparti di Reumatologia ed Ematologia di molti ospedali italiani si sono attrezzati per effettuare i test genetici su pazienti la cui diagnosi è incerta.

La curiosità
Una curiosità. In un episodio della popolare serie tv Chicago Med uno dei medici alle prese con un paziente con malattia sconosciuta esclama davanti ai colleghi: «Ho appena letto sul New England della nuova sindrome VEXAS, è questa!». È successo appena due tre mesi dopo la vera pubblicazione sulla rivista scientifica. Si narra che i medici (veri) del National Istitute of Health siano orgogliosi della svolta pop della loro scoperta.

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