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Alzheimer, gli otto biomarcatori per identificare chi andrà incontro a demenza grazie allo studio Interceptor

I ricercatori hanno seguito per sei anni i pazienti affetti da demenza lieve creando un modello per capire chi svilupperà una forma grave di declino cognitivo.

La combinazione di più biomarcatori può permettere di individuare le persone a maggior rischio di sviluppare demenza tra quelle che soffrono di un disturbo cognitivo lieve, ovvero i candidati ideali a cui somministrare i primi farmaci monoclonali che eliminano le placche amiloidi nel cervello già in uso negli Stati Uniti e che potrebbero presto essere disponibili anche in Europa. Queste costose terapie (circa 26 mila euro all’anno per paziente) che presentano anche effetti collaterali, sono più efficaci se somministrate nella fase precoce della malattia. Ma solo il 30-40% di chi soffre di declino cognitivo lieve (MCI) progredisce verso une vera e propria demenza, ed è anche per questo che non è possibile somministrare su vasta scala i nuovi farmaci. Basti pensare che in Italia circa 950 mila persone hanno un disturbo cognitivo lieve: molti manterranno una loro autonomia nella vita quotidiana, altri andranno incontro a demenza. Da qui la necessità di identificare uno strumento  poco costoso e affidabile per predire con la massima accuratezza chi effettivamente andrà incontro ad Alzheimer. Il risultato è stato possibile grazie allo studio Interceptor, presentato oggi all’Istituto Superiore di Sanità.

I 350 pazienti che si sono sottoposti a test

Nel corso dello studio Interceptor 350 pazienti sono stati seguiti in 19 centri reclutatori diffusi su tutto il territorio nazionale e seguiti per 6 anni. «Abbiamo visto che le persone con disturbo cognitivo lieve sono a maggior rischio di andare incontro a demenza entro tre anni dai primissimi sintomi» ha spiegato il professor Paolo Maria Rossini,  responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele di Roma nel corso del convegno. I partecipanti, pubblicamente ringraziati e definiti da Rorrini «eroi» , sono stati sottoposti ad una serie di esami per rilevare l’efficacia di sei diversi biomarcatori a cui i volontari sono stati sottoposti ogni sei mesi: il test Mini Mental per valutare le capacità  la cognitive, il test Dfr per valutare la memoria episodica, la Pet per l’analisi dell’attività metabolica cerebrale, la Risonanza Magnetica volumetrica per la valutazione dell’atrofia ippocampale, l’elettroencefalogramma per lo studio della connettività cerebrale, la genetica dell’ApoE ( marcatore genetico per l’Alzheimer).

Gli otto diversi predittori

Durante il follow-up, 104 pazienti con demenza lieve sono progrediti ad una forma di demenza maggiore, di questi 85 verso la diagnosi clinica di Alzheimer. Nessun marcatore da solo ha funzionato per predire l’Alzheimer in modo corretto, ma i ricercatori sono riusciti a creare un modello finale con otto diversi predittori: sesso, età, il questionario Amsterdam Iadl che valuta la capacità di svolgere le attività strumentali della vita quotidiana, familiarità per la demenza, test Mini Mental, volume dell’ippocampo sinistro, rapporto abeta-42/p-tau ed elettroecenfalogramma. Questo modello ha dimostrato buone capacità prognostiche con circa l’82% dell’accuratezza. Così è stata creata una sorta di mappa del rischio, uno strumento elettronico che potrebbe potenziamente essere utilizzato, se validato, anche del medico di medicina generale inserendo gli otto parametri individuati.

Interceptor 2.0

Nel caso di approvazione da parte di Aifa di qualcuno di qualcuno dei nuovi farmaci la comunità di Ricercatori di Interceptor si propone per un Interceptor 2.0 per validare il modello su un piccolo numero di soggetti per verificare sul campo la capacità di selezione dei soggetti ad alto rischio e di erogazione e monitoraggio del farmaco.

I promotori

Lo studio Interceptor è promosso e finanziato dal Ministero della Salute e dall’Agenzia Italiana del Farmaco ed è stato presentato lunedì 17 febbraio all’Istituto Superiore di Sanità in anteprima nazionale in un Convegno organizzato dall’Osservatorio Demenze del Centro Nazionale Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute (CNaPPS) dell’Iss, dall’Istituto di Neurologia-Clinica della memoria del Policlinico A. Gemelli e dal Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele. l gruppo di coordinamento dello studio è rappresentato da quattro Centri Esperti (l’Istituto di neurologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore sede Policlinico Gemelli di Roma, l’Irccs Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli Brescia, Istituto Neurologico Irccs Fondazione “Carlo Besta” e l’Istituto di Medicina Nucleare Irccs San Raffaele di Milano), dall’Associazione Italiana Malattia Alzheimer (Aima) e dall’Istituto Superiore di Sanità.

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