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Protezione solare: meglio le creme con filtri chimici o minerali? Quali sono a rischio interferenze endocrine? Il punto

A lanciare l’allarme sulle interferenze endocrine di alcuni tipi di solari è stata l’Associazione Culturale Pediatri. L’esperta della Società Italiana di Pediatria ci ha aiutato a fare chiarezza su come scegliere la protezione migliore.

Le creme solari non sono tutte uguali, e non solo per il numero che indica il livello di protezione (più è alto, più protegge dai danni del sole) ma per il tipo di filtro utilizzato, chimico o fisico (detto anche minerale o inorganico) che può avere impatti sulla salute umana, specialmente dei più piccoli. L’Associazione Culturale Pediatri ha pubblicato sull’ European Journal of Pediatric Dermatology e sul sito dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP) un Position Paper, firmato da un team di pediatri e dermatologi, in cui viene mostrata l’azione di interferenza endocrina  (causata da sostanze chimiche che possono alterare il normale equilibrio ormonale, ndr) dei filtri chimici che possono attraversare la pelle, soprattutto quella più sottile dei bambini,  e entrare in circolo. Anche i filtri minerali, con formulazioni “nano” (le nanoparticelle che permettono una facile distribuzione del prodotto), risulterebbero non privi di rischio per l’eventualità che le nanoparticelle di prodotto, proprio perché minime, possano superare gli strati superficiali della pelle ed essere assorbite dall’organismo.

Come regolarsi per proteggere i bambini dai danni del sole?

«Innanzitutto, va sottolineato che l’esposizione solare fa male. L’abbronzatura, infatti, si genera per proteggere l’organismo dai danni del sole che, in particolare negli ultimi decenni, sono diventati progressivamente più gravi. Andrebbe, per questo, evitata quando possibile o almeno limitata. Se, comprensibilmente, in certi momenti l’esposizione è inevitabile, occorre tenere presente che la protezione solare non va considera come unico metodo protettivo, come sottolineato anche dalla pubblicazione ACP. Sebbene alcuni dei dati citati necessitino di ulteriori approfondimenti, è ragionevole intenderli come principio di precauzione,”, spiega Elena Scarpato, pediatra e membro della Società Italiana di Pediatria (Sip).

Le creme solari possono far male all’organismo?

«Non abbiamo dei dati chiari che indichino che i solari facciano male a lungo termine, né dei dati che confermino l’assenza di nocività, ma siamo certi dei danni che può provocare il sole, specialmente in caso di scottature che si verifichino nelle popolazioni più vulnerabili, come i bambini e le donne in gravidanza – continua Scarpato -. Soprattutto per loro va applicato il principio di precauzione, utilizzare i solari con una certa cautela e nel modo corretto. Uno dei problemi più diffusi inizia dopo aver messo la crema solare, quando abbiamo una falsa sensazione di sicurezza che ci porta ad abbassare la soglia di attenzione e a lasciare i bambini esposti al sole molto più del dovuto. A quanti capita di non rimettere la crema dopo il bagno? Anche l’Istituto Superiore di Sanità sottolinea che la crema da sola non basta perché il più delle volte viene usata in modo inadeguato, ovvero non viene spalmata in modo sufficiente, mentre andrebbe applicata ogni due ore e dopo ogni bagno. Per questo, il consiglio è utilizzare indumenti con il filtro integrato, da utilizzare come valida alternativa alle creme, che sono oltretutto sostenibili per l’ambiente».

Perché è necessario evitare il più possibile il sole?

«I filtri solari, anche quelli più alti, non danno una protezione al 100%, c’è comunque un passaggio delle radiazioni, anche se minimo. Il danno solare, va ricordato, non si limita a ciò che vediamo a occhio nudo, ma include anche, ad esempio, i danni ossidativi, la formazione di radicali liberi che hanno effetti a lungo termine. Per questo, indipendentemente dall’età, sarebbe meglio evitare il sole, quando è possibile, perché anche con il prodotto solare ad alta protezione, spalmato bene, non siamo protetti al 100%”, dice Scarpato.

Qual è, quindi, la migliore protezione?

Sotto i 6 mesi non è raccomandato l’uso delle creme solari perché la cute del bambino è estremamente sottile, permeabile e quindi – a maggior ragione – per il principio di precauzione le creme solari non vengono considerate sicure. Per questo occorre andare in spiaggia nelle ore giuste, fino alle 10 della mattina e dopo le 16,30, stare sotto l’ombrellone e proteggere il bebè con indumenti e cappellino. Per i piccolissimi l’efficacia delle creme è discutibile, i rischi di interferenza endocrina sono maggiori, oltre al fatto che le creme non consentirebbero alla pelle di traspirare, favorendo un aumento della temperatura e colpi di calore – spiega la pediatra -.

Dai sei mesi ai tre anni l’indicazione è di favorire l’utilizzo di creme solari con filtri minerali rispetto a quelli chimici. I filtri chimici, quelli che usiamo generalmente anche noi adulti, sono formule in spray molto leggere. Qualche anno fa la FDA (Food and Drug Administration), l’agenzia americana per il controllo, ha dimostrato che anche a distanza di tempo dall’applicazione delle creme solari con filtro chimico, alcune sostanze venivano ritrovate nel sangue e, quindi, non conoscendone gli effetti ne è stato sconsigliato l’utilizzo, in particolare sotto i tre anni. Le creme con i filtri minerali (detti anche fisici o inorganici) contengono, invece, sostanze innocue come l’ossido di zinco che crea, anche visivamente, un effetto barriera sulla pelle. Di per sé questi filtri non hanno studi che ne evidenzino la pericolosità ma il documento pubblicato dall’ACP ha sottolineato che i filtri minerali con formulazioni in nanoparticelle, ora molto utilizzate perché più facili da spalmare, potrebbero superare gli strati superficiali della pelle e quindi esporre i più piccoli a potenziali rischi per la salute.

Quali prodotti scegliere in base all’età

«Le evidenze attualmente disponibili sono tranquillizzanti, anche per i prodotti con le nanoparticelle, perché si è visto che non dovrebbero penetrare in profondità se applicati sulla cute integra – rassicura Scarpato -. Quindi, riassumendo: niente sole diretto sotto i 6 mesi, tra i sei mesi e i tre anni preferire i filtri minerali da non applicare, però, sulla cute lesionata. Dopo i tre anni si possono eventualmente utilizzare anche le creme solari con filtri chimici. L’importante è che la protezione sia alta, che la quantità sia abbondante e ripetuta nell’arco della giornata, almeno ogni due ore e dopo ogni bagno, e che la crema solare non sia considerata solo come unico mezzo di protezione, abbinandola ad indumenti dotati di filtro integrato. Fino ai dieci/quindici anni di vita si accumula, infatti, il danno solare che significa che le scottature durante l’infanzia e adolescenza fanno aumentare esponenzialmente il rischio di neoplasie cutanee, come il melanoma, in età adulta».

In caso di scottature, come intervenire?

«Fondamentale è l’idratazione, che significa bere molto, e mantenere la pelle idratata. Se l’eritema è leggero può essere sufficiente solo una crema idratante. Nei casi più rilevanti può rendersi necessaria l’applicazione di una crema al cortisone, a patto che la zona interessata non sia troppo estesa perché c’è il rischio di un assorbimento eccessivo. In generale, è sempre importante consultarsi con il proprio pediatra», conclude Scarpato.

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