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Perché le donne dormono peggio degli uomini (e succede per tutta la vita)

  • 22 Settembre 2023

Gli ormoni sessuali possono interferire con il riposo notturno a partire dalla pubertà fino a dopo la menopausa, ma entrano in gioco anche altri fattori (biologici, psicologici, sociali).

La difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno è comune, soprattutto con l’avanzare dell’età. E per le donne le complicazioni possono essere ancora maggiori. Questi problemi possono esordire durante la pubertà e mantenersi per tutta l’età adulta. A entrare in gioco sono diversi fattori: biologici, psicologici, sociali. Che cosa c’è dietro alle difficoltà legate al sonno nelle donne? Durante i primi anni di ciclo mestruale i cambiamenti ormonali possono causare variazioni di umore (ansia e depressione), sintomi fisici (crampi, gonfiore e tensione al seno) che possono interrompere o disturbare il sonno.

Il ruolo degli ormoni

«L’aspetto ormonale è sicuramente tra i più importanti — sottolinea Carlotta Mutti, neurologa del Centro di Medicina del Sonno all’ospedale di Parma — perché gli ormoni sessuali, gli estrogeni e il progesterone per le donne e il testosterone per gli uomini, hanno recettori diffusi a livello cerebrale e sono in grado di influenzare direttamente l’architettura del sonno. Gli estrogeni, che raggiungono un picco nella prima fase del ciclo mestruale, promuovono un aumento del sonno Rem. «Viceversa il progesterone, ormone che domina la fase post-ovulazione nella donna, e che permane a concentrazioni molto elevate durante la gravidanza, potenzia il sonno profondo e riduce il sonno Rem. Sul riposo notturno delle donne incidono dunque le fluttuazioni ormonali , che invece sono praticamente assenti nell’uomo, dove la concentrazione di testosterone è molto più stabile».

Il cervello delle mamme

Nonostante l’aspetto protettivo del progesterone sul sonno, durante la gravidanza possono scatenarsi disturbi nel riposo notturno a causa della nausea, la frequente necessità di urinare anche di notte (ne sono colpite il 90% delle donne nel terzo trimestre), il maggiore rischio di reflusso gastroesofageo, i movimenti fetali che possono generare microrisvegli. Una volta partorito, subentrano le tipiche interruzioni del sonno dovute alla cura del neonato.

I sintomi

Gli ormoni tornano in scena durante gli anni che precedono la menopausa. Fino all’80% delle donne inizia ad avere vampate di calore in premenopausa, e possono durare anni. Per circa il 20% delle donne le vampate sono così frequenti e intense da interrompere il sonno. Le donne in post menopausa sono anche a maggiore rischio di apnee ostruttive del sonno e anche questo può portare a frequenti risvegli notturni e a una maggiore sonnolenza diurna. I sintomi possono essere, fra l’altro, diversi rispetto agli uomini, che in genere russano in modo intenso, si risvegliano con mal di testa e bocca secca e manifestano sonnolenza diurna. «Nella donna i segnali sono più subdoli e possono comparire insonnia, stati d’ansia, incubi» segnala Carlotta Mutti. È vero che le apnee notturne sono più frequenti nelle donne in menopausa, ma obesità e ovaio policistico sono due fattori di rischio che possono fare insorgere il disturbo in periodi precedenti. Infine alcune malattie che interferiscono con il sonno sono più tipicamente femminili. «L’insonnia colpisce di più le donne che spesso soffrono anche della sindrome delle gambe senza riposo e di mioclono notturno, due condizioni legate anche a carenza di ferro, cui la donna è soggetta per il ciclo mestruale» conclude l’esperta.

La terapia cognitivo comportamentale

Secondo le linee guida internazionali, la terapia cognitivo comportamentale è il trattamento in prima battuta contro l’insonnia. Si tratta di un supporto psicologico che mira a correggere condotte errate e a riformulare schemi di pensiero negativi che minano il riposo notturno. «Il cronicizzarsi di comportamenti sbagliati porta al perpetuarsi dell’insonnia — dice Carlotta Mutti — ed è provato che il supporto psicologico mirato funziona per spezzare il circolo vizioso. Tuttavia la terapia comportamentale non è supportata dal Servizio sanitario nazionale. Non tutti possono permettersi un supporto psicologico che può richiedere mesi di terapia. Noi neurologi diamo consigli generali sull’igiene del sonno, ma se non bastano spesso dobbiamo ricorrere ai farmaci. Auspichiamo quindi che il trattamento possa rientrare nei Livelli essenziali di assistenza».

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