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Tessuti muscolari e stampa 3D: creato in laboratorio un robot bioibrido che “cammina”

L’era dei cyborg non è ancora realtà. Ma i romanzi di fantascienza e il grande schermo già ce ne hanno dato un ampio assaggio. Basti pensare alla saga Terminator, il cyborg assassino interpretato da Arnold Schwarzenegger. Un organismo cibernetico: tessuto vivente su endoscheletro metallico. In un laboratorio del Center for International Research on Integrative Biomedical Systems (CIBiS) presso l’Istituto di Scienze Industriali dell’Università di Tokyo, il professor Shoji Takeuchi e il suo gruppo di ricerca hanno creato un robot bioibrido a due gambe combinando tessuti muscolari e materiali artificiali. Pubblicato il 26 gennaio sulla rivista Matter, questo metodo consente al robot di camminare e ruotare.

Che cosa sono i robot bioibridi
Già, ma quando un robot può essere definito bioibrido? «I robot bioibridi sono dispositivi composti da un telaio di plastica (matrici polimeriche) e in parte da elementi biologici di vario tipo come batteri, piccoli organismi o cellule muscolari — risponde Guglielmo Lanzani, responsabile del Laboratorio Nanomaterials for Energy and Lifescience dell’Istituto Italiano di Tecnologia, ricercatore nel campo della robotica bioibrida —. Queste ultime vengono cresciute e sviluppate in contatto con la parte polimerica con cui si integrano completamente. Il componente “vivo” è l’elemento attivo in grado di deformare il supporto polimerico, che essendo elastico dopo una deformazione ritorna allo stato originale, contribuendo al movimento complessivo del dispositivo».

I vantaggi dell’innesto di tessuti biologici su un robot
Quali i vantaggi di “innestare” tessuti biologici su un robot?« I tessuti biologici sono il prodotto di centinaia di milioni di anni di evoluzione, e per molti aspetti risultano perfettamente ottimizzati — spiega Lanzani — Per esempio la capacità delle cellule di auto-rigenerarsi potrebbe essere molto vantaggiosa, o la capacità di conservare l’energia. Inoltre hanno un rapporto peso potenza ottimale e sono energeticamente sostenibili (il cuore di un uomo consuma circa 1 Watt di potenza). Infine la biocompatibilità e biodegradabilità sono vantaggiose in certe applicazioni dalla medicina al monitoraggio ambientale».

In che modo possono essere utili all’uomo
I robot bioibridi ci aiuteranno ? « Certamente. Dispositivi di questo tipo possono avere applicazioni in vari ambiti — spiega Lanzani — . Possono essere usati in medicina per simulare il funzionamento dei tessuti muscolari e studiare le patologie associate, o per simulare l’effetto su di essi di nuovi farmaci. In robotica possono essere usati come attuatori che mettono in moto le componenti, per esempio permettendo al robot di muoversi o compiere un lavoro. In ambiente biologico potrebbero essere vettori completamente bio compatibili e perfino biodegradabili, rilasciati da una sonda intra-corporale per compiere operazioni in situ. Infine, in futuro potrebbero essere il primo passo verso lo sviluppo di protesi composte di cellule muscolari invece che metallo, completamente biocompatibili».
Questa fusione di biologia e tecnologia mira a sfruttare le caratteristiche uniche dei materiali biologici insieme alla versatilità e alla programmabilità dei componenti artificiali. I migliori robot bioibridi realizzati fino ad ora includono innovazioni come la combinazione di tessuti muscolari con materiali artificiali per creare movimenti più naturali e flessibili. «La ricerca sui robot bioibridi, che sono una fusione di biologia e meccanica, sta recentemente attirando l’attenzione come un nuovo campo della robotica con funzioni biologiche», sottolinea il professor Takeuchi, uno tra o massimi esperti del settore che ha al suo attivo oltre 600 lavori di ricerca e oltre 15.000 citazioni. Il professor Takeuchi è impegnato anche nella ricerca per generare robot rivestiti con pelle ottenuta tramite ingegneria tessutale.

Come è fatto il robot bioibrido giapponese
Rispetto ai robot, i corpi umani sono flessibili, in grado di compiere movimenti fini e possono convertire l’energia in modo efficiente in movimento. Traendo ispirazione dall’andatura umana, i ricercatori giapponesi hanno appunto realizzato un modello sperimentale più agile con movimenti fini e delicati. Il robot bipede è costituito da un galleggiante in schiuma per mantenere una postura eretta in un terreno di coltura; un corpo in polidimetilsilossano (PDMS, gomma siliconica che può piegarsi e flettersi per conformarsi ai movimenti muscolari) che include due substrati flessibili, gambe stampate in 3D zavorrate per aiutarlo a stare dritto sott’acqua e tessuti muscolari scheletrici in coltura.

Il movimento
I ricercatori hanno quindi attaccato strisce di tessuti muscolari scheletrici coltivati in laboratorio, alla gomma in silicone e a ciascuna gamba. Quando i ricercatori hanno stimolato il tessuto muscolare con l’elettricità, il muscolo si è contratto, sollevando la gamba. Il tallone della gamba è poi atterrato in avanti quando l’elettricità si è dissipata. Alternando la stimolazione elettrica tra la gamba sinistra e quella destra ogni 5 secondi, il robot bioibrido ha «camminato» con successo alla velocità di 5,4 mm/min (0,002 mph). Per girarsi, i ricercatori hanno ripetutamente stimolato la gamba destra ogni 5 secondi, mentre la gamba sinistra fungeva da ancoraggio. Il robot ha effettuato una svolta a sinistra di 90 gradi in 62 secondi.

I risultati
I risultati hanno mostrato che il robot bipede guidato dai muscoli può camminare, fermarsi e fare movimenti di rotazione ottimizzati. «Attualmente, stiamo spostando manualmente un paio di elettrodi per applicare un campo elettrico individualmente alle gambe, il che richiede tempo», afferma Takeuchi. «In futuro, integrando gli elettrodi nel robot, prevediamo di aumentare la velocità in modo più efficiente».
Il team prevede anche di dotare articolazioni e tessuti muscolari più spessi al robot bipede per consentire movimenti più sofisticati e potenti.
Ma prima di aggiornare il robot con più componenti biologici, Takeuchi fa presente che il team dovrà integrare un sistema di alimentazione dei nutrienti per sostenere i tessuti viventi e le strutture del dispositivo che consentono al robot di operare nell’aria. «Un applauso è scoppiato durante la nostra regolare riunione di laboratorio quando abbiamo visto il robot camminare con successo nel video», dice Takeuchi. «Anche se potrebbero sembrare piccoli passi, in realtà sono passi da gigante per i robot bioibridi».
« È molto interessante il raffinato controllo sul movimento dell’attuatore — commenta il responsabile del Laboratorio Nanomaterials for Energy and Lifescience dell’Istituto Italiano di Tecnologia —. Infatti, un preciso controllo del dispositivo è cruciale nell’ottica di un utilizzo futuro. A differenza della maggior parte dei biorobot finora riportati, questo riesce a mantenere la posizione eretta ma non sospesa, che imita il comportamento di due arti. Lo studio meccanico riportato, basato anche su simulazioni, può essere molto utile per compiere un ulteriore passo verso la realizzazione di un robot bioibrido in grado di muoversi autonomamente».

Qual è lo «stato dell’arte» della ricerca
A che punto è la ricerca nel settore? « È una ricerca ancora giovane, ma che sta crescendo molto negli ultimi anni — sottolinea Lanzani —. Per esempio, si moltiplicano gli studi in cui vengono testate nuove tecniche per stimolare le cellule muscolari in robot ibridi. Tra i problemi da risolvere, le dimensioni di questi attuatori sono ancora troppo ridotte, millimetri o centimetri al massimo. Questo rende ovviamente le loro applicazioni limitate. La parte biologica non può per ora essere esposta all’aria».

Gli sviluppi
Quando è ipotizzabile si arrivi ad un robot bioibrido completo? «In realtà esistono già per esempio un pesce fatto dal gruppo di Kit Parker all’Università di Harvard o una razza, in grado di nuotare ma con le limitazioni che si diceva, dimensioni, necessità di stare in un liquido. Il mio gruppo di ricerca stesso ha preso parte ad uno studio in collaborazione con Harvard per realizzare un attuatore ibrido. Considerando l’interesse crescente nella comunità, mi aspetto che in una decina d’anni ci saranno dei biorobot che si muovono autonomamente, non solo in ambienti iper controllati, e capaci di interagire con il mondo esterno», conclude Lanzani.

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